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Lettera del Governatore di Giugno
martedì, 03 Giugno 2025

 

Carissime, carissimi,

come soggetto della dodicesima (e ultima) lettera del governatore il calendario rotariano indica i “circoli Rotary”. Molti non sanno neanche di che si tratta: sono “gruppi internazionali che condividono le stesse passioni” (hobby, predilezioni, professioni), dall’astrologia al jazz alla cucina. Li chiamiamo più comunemente “Fellowship” e nel nostro Distretto siamo particolarmente forti in quelli dello yachting, dell’equitazione, del patrimonio culturale. Poiché ci troviamo in conclusione dell’anno rotariano, e dunque nel momento in cui tiriamo le somme di quanto abbiamo fatto, sorprende che l’argomento sul quale puntare i riflettori sia relativamente marginale rispetto ai grandi temi nei quali il Rotary s’impegna: forse proponendo quello si è voluto lasciare spazio ai governatori per parlare delle loro attività, oppure lo si è ritenuto più coerente con il clima disteso delle vacanze imminenti. In ogni caso, costituisce un ottimo spunto per le considerazioni che vorrei proporre oggi e che riguardano le impressioni che ho maturato nel corso dei miei dodici mesi di coordinamento delle attività del Distretto.

Scorrendo l’elenco dei circoli, quello che colpisce è infatti la grande, lussureggiante varietà d’interessi che riflettono. Ed è proprio questo il dato che ho sempre più notato nel rapporto maturato con soci e Club: l’estrema diversità di esperienze che il Rotary racchiude. A partire da quelle di servizio: c’è chi pulisce le spiagge o i greti dei fiumi, chi offre le proprie competenze per campagne di prevenzione, chi senza muovere un dito finanzia attività benefiche importanti, chi fa tutto questo e tanto altro; si incontrano Club che puntano sull’offerta di programmi d’incontri di altissimo livello grazie ai quali i soci possono discutere problematiche scottanti con i maggiori specialisti, mentre altri considerano prioritarie le iniziative di raccolta fondi o la realizzazione di attività nelle quali rimboccarsi le maniche, alcuni sono proiettati in una dimensione internazionale e altri si prendono cura essenzialmente del loro territorio, certi Club investono sulla convivialità e certi preferiscono la frugalità; e poi i soci: ho trovato professionisti e imprenditori, artisti, musicisti e scrittori, commercianti e insegnanti, dirigenti e impiegati, funzionari pubblici e militari, lavoratori in attività e pensionati, e, in generale, esponenti di tutti i tipi di attività lavorative, da chi non ha ancora trent’anni a chi ne ha quasi cento.

In questa varietà incontenibile di esperienze, atteggiamenti e prospettive, chi ha ragione? Chi agisce in maniera più conforme allo spirito e ai principi del Rotary International? Molte persone che ho incontrato ritengono, sulla base del loro vissuto rotariano, della loro idea di società, del loro modo d’intendere le cose, che sia necessario insistere su un modello dominante, inteso come principio d’ordine al quale ricondurre gli altri, considerati meno efficaci, più deboli e criticabili. La mia risposta va in senso contrario: ciò che ho potuto constatare in quest’anno di visite e di conoscenza capillare del Distretto è che la vera ricchezza del Rotary, quello che dà a ciascuno di noi le maggiori opportunità di crescita (che è poi lo scopo per cui ci associamo) è proprio l’incoercibile molteplicità di esperienze di vita, professionali, organizzative che il nostro sodalizio consente e concilia. Ma come si fa a mettere insieme cose così eterogenee? Non è contraddittorio? Mi hanno sempre impressionato alcuni versi di Walt Whitman, autore apprezzato anche da Paul Harris, che dicono: “mi contraddico? E va bene, mi contraddico (sono vasto, contengo moltitudini)”. Ognuno di noi contiene moltitudini, e così anche il Rotary. Credo addirittura che nell’attuale crisi degli ideali umanistici stia in questo riconoscimento dell’“irriducibile pluralità dell’umano”, come recita il titolo di un testo redatto da un illustre antropologo che sarà ospite al nostro Congresso, la possibilità di riproporre al giorno d’oggi quell’umanesimo del quale il Rotary è sempre stato il difensore.

Si tratta di una proposta culturale ma anche operativa, e penso che sia la più adatta a rispondere alle esigenze della società attuale, che è, appunto, una società le cui criticità, ma anche risorse, scaturiscono proprio in gran parte dalla sua natura frammentaria e plurale.

Ma per garantire e gestire questa pluralità bisogna avere la forza di farlo (è più facile, infatti, ridurre tutto a un unico modello) e poter contare su un punto di riferimento, un faro che orienti la nostra azione, nella sua varietà, senza ricadere nel concetto di Rotary-monolite. Qui ritorno al discorso sui circoli Rotary, che nella loro apparente, relativa marginalità, ci suggeriscono qual è la nostra forza: la convivialità di fondo, il piacere della condivisione di interessi, gusti, idee. Ecco lo spirito del nostro sodalizio, quella base solida che ci consente di gestire l’infinita potenzialità del nostro essere diversi e plurali: il Rotary non è un contenitore asettico di una serie eterogenea d’ingredienti, ma il luogo in cui, grazie alla disponibilità di ciascuno di noi a intensificare i rapporti con gli altri, le molteplicità si correlano e si collegano creando nuove connessioni, dai risultati non sempre prevedibili, in cui si stringono e si moltiplicano rapporti che nell’associazione professionale o nella nostra cerchia di frequentazioni non avremmo mai avuto, con la conseguenza inevitabile di aumentare la voglia di realizzare insieme qualcosa di bello. Per usare una metafora biologica, il Rotary non è come una provetta asettica in cui conservare sotto formalina qualcosa d’inalterabile, ma è come un bagno di coltura. Quanto al faro, alla bussola che dà una direzione al nostro impegno plurale, da sempre il Rotary ci propone i principi della correttezza, della probità, del rispetto per il prossimo: quello che Herbert J. Taylor, nel 1932, aveva voluto esprimere con la prova delle quatto domande, sempre attualissima e per noi qualificante.

Sono arrivato alla fine della lettera e non ho parlato dei risultati di quest’anno rotariano, ma lo faremo al congresso, il cui titolo, che qui comunico per la prima volta ma che non sorprenderà chi ha letto questa lettera, è “Un Rotary plurale”. Il sottotitolo si riferisce invece al contributo dei Club, vero centro propulsore del nostro sodalizio, ciascuno dei cui soci, a partire dalla magnifica squadra di presidenti con la quale ho avuto il privilegio di condividere tante attività ed esperienze, ringrazio di cuore per il bellissimo anno che abbiamo trascorso insieme.

Natale