Lettera del Governatore – Dicembre 2024
lunedì, 02 Dicembre 2024

Lerma (AL), Chiesa di S. Maria della Rocchetta, affresco anonimo del XVII secolo

 

Carissime, carissimi,

nell’immagine con la quale esordisco un giovane con una deformazione alle gambe appoggiato alla sua gruccia guarda una santa che si avvicina benedicendolo e, verosimilmente, si appresta a guarirne l’infermità. È il soggetto di un affresco secentesco recentemente restaurato nella chiesa di Santa Maria di Rocchetta di Lerma, in provincia di Alessandria, che non brilla per la sua qualità pittorica ma riveste un particolare interesse perché lo storico della medicina Paolo Mazzarello vi ha riconosciuto la possibile raffigurazione di un ammalato di poliomielite, una tra le più antiche che si conosca.

La malattia, dagli effetti spesso devastanti, non era a quei tempi frequente ma la sua diffusione è progressivamente aumentata nel corso dell’Ottocento per esplodere poi nel Ventesimo secolo, mietendo un numero altissimo di vittime. Eppure quando ho visitato una scuola superiore per operatori socio-sanitari cui un Club del nostro Distretto proponeva una formazione sulla prevenzione dell’HPV e ho chiesto agli studenti se avessero mai sentito nominare la polio la risposta è stata negativa. Non la conoscevano… perché qui da noi è ormai scomparsa da tempo e anche fuori dall’Europa è diventata sempre più rara, fino a ridursi a un numero assai contenuto di casi.

Il merito della sua eliminazione quasi totale è innanzitutto di chi ha studiato il virus e trovato il modo per prevenirne gli attacchi e combatterlo, e in particolare di Albert Sabin, socio del Club di Cincinnati, cui si deve il vaccino più efficace e di più comoda somministrazione, il quale ebbe l’altruismo e il coraggio di sperimentare il suo preparato per primo su se stesso e sulle sue due figlie e non brevettò la scoperta che aveva fatto per donarla all’umanità, rinunciando agli ingentissimi diritti che uno sfruttamento commerciale gli avrebbe portato. Vale la pena, poi, di ricordare che l’iniziativa di procedere alla campagna d’immunizzazione estesa a tutto il mondo nacque in Italia: è alla convention di Roma del 1979 che il Rotary decise di porsi come obiettivo quello di debellare la malattia e la prima serie di vaccinazioni a tappeto, che ebbe luogo nelle Filippine, fu organizzata da Sergio Mulitsch di Palmenberg, del Club di Treviglio e della Pianura Bergamasca, che si mise all’ opera con un manipolo di rotariani entusiasti. Fra questi pionieri figura Antonio Leoni, che da Treviglio si trasferì nel nostro distretto, per diventare membro – e quindi presidente – del Club di Sanremo Hanbury: ed ecco che, per suo tramite, anche noi siamo stati un po’ protagonisti di questa prima fase del progetto. Non sto a insistere sui momenti successivi, con il Rotary italiano sempre in primo piano e il programma che si articolò e si sviluppò progressivamente fino all’adesione della Fondazione Bill e Melinda Gates, che devolve al Rotary cento milioni di dollari ogni anno duplicando i cinquanta milioni che i rotariani raccolgono.

Ormai la malattia è da noi distante – al punto che, come dicevo, i giovanissimi non sanno neanche che cos’è – ma non è ancora stata del tutto debellata e solo la prosecuzione delle vaccinazioni su larga scala può consentire che anche i ragazzi degli alti Paesi si dimentichino della sua esistenza e che quelli del nostro possano continuare a ignorarla.
Se il programma relativo alla poliomielite costituisce il modello e il fiore all’occhiello delle attività sanitarie del Rotary, e quindi non poteva che avere il posto d’ onore nel messaggio del mese di dicembre, dedicato, nel nostro calendario, alla “prevenzione e cura delle malattie”, ogni anno però i nostri Club, con l’aiuto della Rotary Foundation, del Distretto (e qui un plauso va all’infaticabile Commissione Salute che costituisce da tempo una nostra importantissima risorsa) o con le loro forze, a volte anche soltanto grazie ai professionisti, soci e amici, che mettono a disposizione le loro competenze, organizzano programmi di sensibilizzazione e di prevenzione, acquistano e donano dispositivi medici, procurano cure di ogni genere, fino a quelle, recentissime, di tipo digitale, offrono formazione di livello elevato, sul territorio italiano o all’estero.

Uscirebbe abbondantemente dai limiti di spazio di questa lettera anche una semplice elencazione di tutto quanto si sta facendo nel settore per cui non entro nel dettaglio. Mi limito a una considerazione di ordine generale. Pensiamo a una comune campagna di screening che stiamo svolgendo: di quante persone si mette in luce un problema di salute che talvolta, se non individuato e trattato precocemente, può avere conseguenze gravi, se non funeste? E quanti di costoro, per noncuranza, per le liste d’attesa chilometriche o per altre ragioni, non si sarebbero mai sottoposti a un esame se non glielo avessimo proposto noi? Anche se avessimo salvato, o anche solo migliorato, una sola vita, sarebbe un successo del quale andare fieri. A conti fatti, però, le situazioni d’allarme che riscontriamo solo tante; non solo, ma l’aiuto che abbiamo potuto dare è infinitamente più grande, perché i nostri progetti creano una sensibilità verso la salute che, sia a livello individuale che di strutture sanitarie, non cessa quando chiudiamo le nostre iniziative ma continua a produrre un effetto che si mantiene e si amplia, come hanno dimostrato molte delle nostre campagne del passato e del presente. Talvolta, poi, grazie alla partnership con le istituzioni sanitarie del territorio le iniziative che mettiamo in campo sono di stimolo proprio per un rinnovamento del sistema, come sta accadendo con la medicina digitale.

Lo stesso discorso, che vale in maniera evidente per gli interventi sanitari, può essere fatto per tutto ciò che realizziamo: proviamo a pensare, per così dire, in negativo, e chiediamoci, settore per settore, come sarebbe il nostro mondo se il Rotary non fosse intervenuto. Sarebbe andato avanti lo stesso, certo, ma credo di poter dire che, in ogni campo di attività, per moltissime persone tante cose sarebbero un po’ meno belle, un po’ meno funzionali, un po’ più difficili, un po’ più penose: un po’ peggiori insomma. E anche per noi. Un grande motivo per essere fieri della nostra appartenenza!

Buone Feste e a presto.